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Channel: Focus On Israel » Jacques Rogge Preisdente del CIO (Comitato Olimpico Internazionale)
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Io, scampato alla strage di Monaco

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Io, scampato alla strage di Monaco

di Ariela Piattelli

Be’er Sheva – «Li ho visti per l’ultima volta la sera, prima del massacro. Eravamo stati al teatro, a vedere Il Violinista sul Tetto. Poi siamo tornati al villaggio olimpico. Moony (Moshe Weinberg) mi chiese di prestargli la sveglia. Doveva alzarsi presto il giorno dopo per accompagnare Mark alle operazioni di pesatura. Durante la notte gliela portai. Lo avvertii che la mia sveglia non era molto affidabile, poi ci salutammo. Non lo vidi più. Il giorno dopo i terroristi di Settembre Nero lo uccisero». Un mucchio di carte e una fotografia. Shaul Ladany guarda quello scatto di quarant’anni fa, c’è la squadra israeliana in libera uscita. Al teatro, a Monaco, si erano stretti tutti intorno Shmuel Rodensky, l’attore israeliano del Violinista sul Tetto. Gli atleti erano sorridenti, divertiti e con gli occhi pieni di emozione. Qualcuno ancora doveva giocare la sua partita, mentre altri, come Shaul, avevano già gareggiato. Il marciatore Ladany aveva trentasei anni quando partecipò alle Olimpiadi di Monaco ’72: era arrivato diciannovesimo alla 50 Km, un bel risultato per lui.

Oggi, nella sua casa ad Omer, nel deserto di Be’er Sheva, dove vive insieme a sua moglie, accanto ai trofei e alle medaglie che hanno costellato la sua carriera sportiva, tiene dei fascicoli dove è scritta tutta la sua vita. La prigionia a Bergen Belsen, le guerre d’Israele, i successi da atleta, e le Olimpiadi di Monaco. Non ha mai smesso di marciare Shaul. Anche dopo quel terribile 5 settembre del ’72, quando undici membri, tra atleti, tecnici e allenatori, della squadra israeliana, furono presi in ostaggio dai terroristi di Settembre Nero nel villaggio olimpico e poi uccisi all’aeroporto di Fürstenfeldbruck, a venticinque chilometri da Monaco, dove i tedeschi spostarono la scena per non sporcare di sangue l’atmosfera festosa dei giochi olimpici, atmosfera che doveva ripulire l’immagine della Germania del dopoguerra.

La storia di Ladany l’ha raccontata Andrea Schiavon in Cinque cerchi e una stella (add editore) che lo stesso atleta presenterà al Festival di Mantova. «Al villaggio olimpico dormivo nell’unità 2 di Connollystrasse 31, mentre i miei compagni nella 1 e nella 3». Un solo metro lo divideva dalla tragica sorte degli altri. «Sono convinto che non ci colpirono nella nostra palazzina perché condividevo la stanza con due atleti che avevano un passato da tiratori scelti. E i terroristi lo sapevano bene, visto che le misure di sicurezza erano così scarse che si poteva risalire facilmente ai nomi. Sono stato fortunato, e non è la prima volta nella mia vita». Quando Zelig Stroch svegliò Shaul alle prime ore del mattino per dirgli che era in corso un attacco terroristico, il marciatore pensò che fosse uno scherzo. Bastò la vista di una macchia sull’asfalto per riportarlo alla realtà.

Era il sangue di Moshe Weinberg, che era stato appena ucciso dai terroristi. «Ci vestimmo di corsa, seguimmo minuto per minuto le trattative. L’operazione fu gestita male, morirono tutti». Nel fascicolo sulle Olimpiadi di Monaco Shaul conserva centinaia di documenti dell’epoca, dalle prime lettere di invito del Comitato Olimpico, all’elenco delle norme di sicurezza da osservare, agli articoli di giornale che già settimane prima dei giochi annunciavano il pericolo di attentati. Poi ci sono decine di inviti alle cerimonie ufficiali di commemorazione delle vittime israeliane. «Vado sempre alle cerimonie, a settembre volerò a Monaco per ricordare i miei compagni».

La memoria di quelle Olimpiadi è indelebile, Ladany ricorda ogni singolo istante, gli sembra assurdo e inaccettabile che gli sforzi dell’attuale Comitato Olimpico Internazionale vadano nella direzione opposta. «Però non sono stupito per il rifiuto del presidente del Cio Jacques Rogge di commemorare le vittime alla cerimonia di apertura dei giochi di Londra. Sono quarant’anni che Israele chiede al Cio una cerimonia ufficiale in ricordo degli atleti massacrati, ma le richieste non sono mai state ascoltate. Per ragioni politiche immagino… hanno anche detto di avere paura di essere boicottati da quarantasette paesi arabi. Io credo che il giusto tributo agli atleti israeliani di Monaco ’72 gli andava dato già quarant’anni fa e non solo oggi. Ho sentito che il Cio ha deciso di partecipare ad una cerimonia il 5 settembre (ricorrenza del massacro) all’aeroporto dove furono uccisi tutti. Un luogo abbandonato, che non vede nessuno».

Però c’è qualcuno che ricorda. Venerdì notte, durante la cerimonia di apertura dei Giochi, la televisione israeliana ha mostrato le fotografie delle vittime e ne ha letti i nomi. Il Parlamento italiano la settimana scorsa ha osservato un minuto di silenzio, mentre ieri la delegazione italiana alle Olimpiadi, si è recata nella zona degli israeliani per uno scambio solidale e un minuto di silenzio. «Voglio ringraziare gli italiani – conclude Ladany – rappresentati dal parlamento e dalla squadra, perché hanno reso onore e memoria ai miei undici compagni, e per il gesto umano con il quale hanno riconosciuto che gli undici atleti sono vittime che non appartengono soltanto ad Israele, ma a tutto il movimento olimpico».

(Fonte: Il Tempo, 30 Luglio 2012)

Nella foto in alto: Shaul Ladany  oggi, di fronte alla sua bacheca piena di trofei e medaglie


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